Il positivismo a tutti i costi…costa!
Viviamo nell'era dei guru, dei life coach e della loro idiota religione, quella per cui "tutto dipende da te". Il successo o il fallimento è una tua scelta.
Ogni nuvola ha una fodera d’argento
Un proverbio polacco recita proprio così! E’ ovviamente uno dei tanti detti popolari che suggeriscono di tenere atteggiamenti non disfattisti pur di fronte alle difficoltà della vita. E fin qui niente di male. Negli ultimi decenni però, prima negli Stati Uniti e ultimamente in Europa, sta guadagnando spazio una forma estrema del pensiero positivo, ovvero il “positivismo“. Non un semplice atteggiamento, bensì un culto, un dogma: la mentalità del positivismo a tutti i costi! Quello che è accaduto in questi ultimi giorni (terremoto Amatrice – Accumuli) ha rappresentato il palcoscenico perfetto per i positivisti di professione. Nonostante l’immane tragedia, qualcuno ha creduto bene di potersi distinguere dalla massa innalzandosi a predicatore del pensiero positivo. Tra i sostenitori (inconsci) di questa mentalità spiccano un ministro della Repubblica Italiana e un noto giornalista televisivo (vedi il video sopra).
Un pugile che è solo cuore stai tranquillo che le prende, di sicuro e di brutto
Il giusto atteggiamento, questo è la colonna su cui si sostiene il positivismo. I guru di questa nuova mentalità, tra cui sedicenti life coach, non fanno altro che ripetere che con il giusto atteggiamento si può fare tutto. Ci vogliono far credere che Steve Jobs è divenuto Steve Jobs perché aveva un giusto atteggiamento (“stay hungry, stay foolish”). Molti dei giovani che hanno a che fare con la crisi del lavoro, si sentono ripetere da più parti che è sufficiente tenere un diverso atteggiamento per trovare lavoro (invece sono choosy, disse un ministro). Seppure è in parte vero che il momento storico chiede un atteggiamento diverso da quello abituale, meno attendista e più propositivo, è altrettanto vero che la partita, ogni partita, non si vince con la sola volontà. Clint Eastwood nel suo “Million dollar baby” sentenzia così, con la citazione che è titolo di questo paragrafo, quei pugili che non sono molto tecnici ma hanno tanto cuore.
E dunque perché il positivismo si paga? Cosa succede quando qualcuno si convince del fatto che può fare tutto, basta solo volerlo?
Succede che ci si estranea dalla realtà, si nasconde la polvere sotto il tappeto, si nega quello che si ha davanti. Si prova a pitturare di rosa anche ciò che è nero e si contribuisce ad ingigantire il gap (il vuoto) che abbiamo davanti.
The reality Slap and the reality gap
Nel suo libro, Russ Harris parla degli schiaffi che la vita ci riserva e di come si può ritrovare stabilità interiore dopo certi accadimenti, così da colmare il gap che si crea tra quello che vorremmo e quello che abbiamo. E’ un libro molto interessante che ti consiglio di leggere (ti consiglio anche “Smile or Die” che ho linkato a questo articolo e che parla in modo analitico e critico del pensiero positivo). Quando neghiamo il gap che abbiamo davanti, magari perché proviamo ad indossare gli occhiali del positivismo, non facciamo altro che allontanarci dalla realtà. Contribuiamo dunque ad ingigantire quel gap che c’è tra ciò che desideriamo e ciò che abbiamo. La vita però ci tirerà ancora altri schiaffi e verrà un giorno in cui ci dovremmo confrontare con il nostro gap. E se lo avremo ignorato per anni, presi dietro alle ricette magiche di qualche life coach del positivismo, questo gap si presenterà molto più esteso di quanto non fosse all’inizio.
Quanti giovani reclutati in corsi motivazionali (a pagamento) ne escono esaltati ma allo stesso tempo disarmati, senza pilastri. Mandati a lottare come pugili che, con solo il cuore, si avvicinano ad affrontare un match con pugili veri, allenati. Quel giorno quei pugni faranno ancora più male. Si, perché il positivismo si paga. Snatura ciò che è naturale, ci rende stranieri a noi stessi estraniandoci da una realtà che va si affrontata con il giusto atteggiamento, ma che va prima di tutto accettata per ciò che realmente è.
La filosofia dell’ipocrisia ( tratto da “The trasmission of the lamp”)
Il pensare in positivo, se lo si vuole chiamare col suo vero nome, non è altro che la filosofia dell’ipocrisia. Quando ti viene voglia di piangere, essa ti insegna a cantare. Ci puoi riuscire se ci provi, ma quelle lacrime represse verranno fuori in un altro momento, in un’altra situazione. Esiste un limite alla repressione. E la canzone che stavi cantando è del tutto insignificante: non la sentivi, non nasceva dal tuo cuore. Essa nasceva solo dal fatto che questa filosofia dice di scegliere sempre ciò che è positivo.
Io sono assolutamente contrario al pensiero positivo. Sarai sorpreso di sapere che se non scegli, se rimani in una consapevolezza libera da scelte, la tua vita comincerà a esprimere qualcosa che non è né positivo né negativo, qualcosa di superiore a entrambi. Per cui, non sarai un perdente. Non sarà positivo, non sarà negativo, sarà esistenziale. Quindi, se ci sono lacrime, esse avranno una loro bellezza; avranno una loro canzone. Non occorre che tu sovrapponga ad esse un’altra canzone: esse provengono dalla gioia, dall’appagamento, non dalla tristezza o dal fallimento. E se la canzone esplode, non sarà contro le lacrime o la disperazione: è semplicemente l’espressione della tua gioia…non è contro nulla né a favore di qualcosa.
E’ semplicemente il fiorire del tuo essere.
Un commento
Sara
8 Settembre 2016 - 8:44Preferisco la dura realtà ad una vita artefatta.
"Bellissimo articolo."
Veronica - L’importanza dell’onestà intellettuale -"giusto"
Virginio Caparvi - L’importanza dell’onestà intellettuale -"Essere ligi quando le leggi sono a nostro favore è facile. Esserlo quando sono contro di noi è un'altra storia. In nessuno dei due casi, comunque, possiamo giudicare l'onestà intellettuale di una persona. Bisognerebbe poter indagare le motivazioni interiori alla base dei comportamenti di una persona. Le leggi cambiano a seconda del periodo storico: chi è stato onesto ieri potrebbe apparire disonesto oggi. Val anche il contrario, naturalmente. Chi possiede una coscienza individuale molto forte non si sente in colpa quando infrange una legge deleteria (pensiamo a Gandhi), mentre potrebbe sentirsi cattivo essendo obbligato a rispettare una norma che danneggia anche solo in parte qualcun altro o la società nel suo insieme... Saluti"
Luca - L’importanza dell’onestà intellettuale -