La nebbia è uguale
La strana convinzione che tutto sia uguale, uomini, culture, etnie. Ma esiste veramente l'uguaglianza?
In questa lunga avventura che ha per fine la sconfitta della mentalità da bar, è di nuovo il dizionario a venire in nostro aiuto. Ridonare alle parole il loro reale significato è ciò che più contrasta la banalità e la superficialità, le quali ci circondano e ci opprimono come nebbia in un’umida giornata d’autunno. Ecco, se dovessi scegliere un colore per la banalità, per la superficialità, sceglierei proprio il colore della nebbia: il grigio. Non è un bianco e non è un nero ma un qualcosa di indefinito, toglie profondità alle cose, è tutto e niente allo stesso momento. La società di oggi in quel “non definito” sguazza, si nasconde, si sente a proprio agio, si discolpa.
E proprio a causa di questa dipendenza da nebbia, di cui la società odierna è afflitta, ha preso forza l’abuso della parola “uguale“. Avete presente le espressioni “è uguale”, “ma tanto è uguale” o “sono tutti uguali”. Non c’è niente di più qualunquista, di meno paritario, di meno giusto e di meno onesto della parola uguale. L’uguaglianza così declinata altro non è che un velo ipocrita da stendere sopra ogni problema. Tramite il concetto di uguaglianza si banalizza ogni pensiero. Del resto questa sottocultura dell’uguale è un qualcosa che ci hanno insegnato sin da piccoli. A scuola ci ripetevano che i bambini sono tutti uguali, anche se nella recita natalizia le maestre assegnavano regolarmente il ruolo più importante al bambino più spigliato e non di certo al più timido. Dicevano che nello sport i ragazzini sono tutti uguali anche se, al momento della formazione delle squadre, il primo e l’ultimo ad essere scelti erano sempre gli stessi.
E’ evidente che è la dignità umana ad essere di egual valore per ognuno, ma nessuno è uguale a nessun altro. Non c’è offesa più grande di definire un individuo uguale ad un altro visto che per sua stessa natura ognuno è un essere unico ed irripetibile. Don Milani, a proposito di una maestra convinta e ostinata a giudicare allo stesso modo il figlio del contadino e il figlio di una famiglia altolocata, scrisse: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far le parti eguali fra disuguali“. Per questo è pericolosa la banalità, la nebbia; essa nasconde le sfumature e ci rende ottusi come quella maestra. (Sulla straordinaria figura di don Milani ho scritto questo articolo. Lui si che ha sconfitto il bar!)
Prendiamo ad esempio la questione dell’immigrazione. Non c’è talk o quotidiano che non ne parli ogni giorno. Quanta ipocrisia su questo argomento, quanta volontà di liquidare la questione con un perbenismo di facciata che poggia le proprie fondamenta su vaghi e scialbi concetti di uguaglianza. Nessuno o pochi hanno il coraggio di dire che ci sono differenze sostanziali, a volte pericolose, tra le diverse culture che approdano sulle nostre coste. Chi lo fa è tacciato di razzismo perché nessuno si deve azzardare a dire che ci sono culture più avanzate di altre, e di conseguenza abitudini usi e costumi più nobili di altri. Guai a dire qualcosa del genere. Alcune culture hanno un’impronta islamica, alcune altre sono post comuniste, altre ancora sono nomadi. Poco importa se l’idea che queste hanno di lavoro, di donne, di diritti e di valori siano totalmente diverse tra loro e dalle nostre. Per una legge non scritta e per una sciocca comodità sociale, ormai largamente palesata, dobbiamo per forza essere uguali e rispettare ugualmente tutti. Prendiamo come esempio la storia della conquista del nuovo mondo. Rileggendo quella storia con questa falsa lente di ingrandimento potremmo affermare che europei e nativi americani erano uguali. Poco importa se i primi conquistavano a suon di crocefisso, torture e varicella mentre gli altri chiedevano scusa a madre natura per ogni bisonte ucciso. Poca importa se i primi avevano fame di soldi, terra e oro mentre gli indiani concepivano come unico tesoro la loro libertà. Erano uguali.
Nella quotidianità gli esempi non sono così eclatanti, e questa mentalità distorta prende piede un passo alla volta, inibendo sempre più la voglia di scoprire e di sapere di ognuno. Sarebbe certamente consolatorio per chiunque se tutto fosse uguale! Se i politici fossero uguali, se le culture fossero uguali, se noi uomini fossimo uguali. Saremmo tutti ugualmente innocenti. Quante responsabilità in meno da affrontare. Quante domande in meno da porsi. Quante questioni si dipanerebbero in un attimo. Ma ognuno di noi, invece, contribuisce con la propria unicità a rendere interessante, e purtroppo a volte colpevole, questo pianeta. L’interessante risiede nelle sfumature e non nell’uniformità della nebbia. Allora ci vorrebbe più sole e meno nebbia attorno a questa società. Il sole che con i suoi raggi scioglie ogni foschia e ridona colore alle cose. Ce le fa apprezzare in tutte le loro sfumature, all’alba, al pomeriggio e poi al tramonto. Perché ogni fiore che nasce sotto il sole, ha racchiusa in se la stessa dignità e lo stesso desiderio di bellezza di tutti gli altri, ma nessuno è uguale all’altro. Ognuno è unico e irripetibile. Nel bene e nel male.
"Bellissimo articolo."
Veronica - L’importanza dell’onestà intellettuale -"giusto"
Virginio Caparvi - L’importanza dell’onestà intellettuale -"Essere ligi quando le leggi sono a nostro favore è facile. Esserlo quando sono contro di noi è un'altra storia. In nessuno dei due casi, comunque, possiamo giudicare l'onestà intellettuale di una persona. Bisognerebbe poter indagare le motivazioni interiori alla base dei comportamenti di una persona. Le leggi cambiano a seconda del periodo storico: chi è stato onesto ieri potrebbe apparire disonesto oggi. Val anche il contrario, naturalmente. Chi possiede una coscienza individuale molto forte non si sente in colpa quando infrange una legge deleteria (pensiamo a Gandhi), mentre potrebbe sentirsi cattivo essendo obbligato a rispettare una norma che danneggia anche solo in parte qualcun altro o la società nel suo insieme... Saluti"
Luca - L’importanza dell’onestà intellettuale -