Furore: lavoro sottopagato e uso profittevole della miseria
La storia della famiglia Joad è la storia di migliaia di famiglie di ieri e di oggi. Spinte dalle necessità (imposte) si spostano per mendicare un lavoro sottopagato. E così, muovere le masse diventa un affare.
Non è colpa di nessuno…ma…
Mezzadro: “Ecco cosa la rende nostra (ndr: la terra): esserci nati, lavorarci, morirci.
E’ questo a darcene il possesso, non un pezzo di carta con sopra dei numeri”.
Delegato della banca: “Una banca non è come un uomo.”
Mezzadro: “Si ma la banca è fatta di uomini!”
Delegato della banca: “No, qui vi sbagliate…vi sbagliate di grosso.
La banca è qualcosa di diverso dagli uomini”
Siamo negli Stati Uniti d’America nel mid-west, all’indomani della crisi del ’29. I mezzadri che coltivano cotone devono fronteggiare la sconcertante crisi e il concomitante arrivo di un concorrente scomodo: il trattore. Queste bestie metalliche sono in grado di fare il lavoro di 12 uomini e ci metteranno poco a mettere fuori mercato milioni di persone. Dunque i contadini sono costretti a vendere alle banche, le quali in nome del profitto iniziano a cacciare i lavoratori da quelle che erano le loro terre, poiché poco produttivi rispetto ai trattori. I contadini si ostinano a non capire il perché di tanta avidità. In fondo le banche non hanno comunque a capo degli uomini? Come fanno a non capire il dolore della povera gente? Non è così, dicono gli emissari. La banca è un’entità senza anima che ha un suo binario prestabilito a cui gli uomini non possono opporsi. Non è colpa degli uomini è colpa della banca! (Questa giustificazione non la trovi tristemente attuale?).
E’ così che centinaia di migliaia di proprietari terrieri, contadini con famiglie numerose sulle spalle, vengono costretti ad abbandonare la terra e la casa che con tanta fatica si erano costruiti. Una tragedia? Non per tutti.
Tanta manodopera può essere un affare
La California ha un clima più adatto alle coltivazioni da frutta e sicuramente rappresenta una delle zone più ricche degli USA, già nel 900. Tanta gente senza più nulla, sfrattata dalla propria casa per conto del profitto, capace di sgobbare, rappresenta un affare. Allora nel mid-west iniziano a circolare migliaia di volantini in cui la California viene descritta come la terra promessa. Prati verdi, case bianche a tanti alberi che danno da mangiare. Una speranza di una vita migliore. E’ così che migliaia di camion sgangherati, con sopra gli oggetti di una vita, partono alla conquista dell’ovest.
La miseria come strumento di controllo e sopraffazione
La famiglia Joad è la protagonista del libro “Furore” di John Steinbeck pubblicato nel 1939 ed ispirato alle reali condizioni dei mezzadri di quegli anni. Tom è il fulcro della famiglia pur essendo un giovane appena uscito di galera. Sotto la guida di Tom e della mamma (figura incredibile) i Joad scopriranno sulla loro pelle che quanto scritto sui volantini è una vera e propria trappola. La California non è la terra promessa. Di lavoro ce n’è ma c’è anche tanta manodopera. Per ogni posto di lavoro ci sono 100 affamati pronti a prenderlo. E così il padrone sceglie la paga che vuole, forte della certezza che qualche disperato, magari con i figli affamati, lo troverà sempre. Questi camion pieni di vite e di disperazione e di rabbia, iniziano a peregrinare da una parte all’altra della California sempre con la speranza di trovare la terra promessa, un posto di lavoro che nessuno ha ancora scoperto e che nessuno saccheggerà. Purtroppo troveranno sempre sfruttamento e miseria.
Muore così il mercato del lavoro, la dignità del lavoratore e muore il lavoratore. Di quei volantini ne sono girati centinaia di migliaia ma il guadagno facile che hanno generato è valso il prezzo della stampa. Gente che ha lasciato casa, terra e tutto ciò che aveva si ritrova senza nulla, accampata in baraccopoli. E fermenta la rabbia.
Succede oggi
Furore è uno dei romanzi americani più importanti di sempre, ti consiglio di leggerlo.
Tantissimi gli spunti che fornisce. Le aderenze con il presente sono innumerevoli. Non perché Steinbeck fosse un veggente, lui ha solo raccontato una storia. Ha avuto però la maestria di raccontarla con gli occhi dell’uomo, quello sconfitto, umiliato, ed infine furente. E l’uomo non cambia mai, per questo ancora oggi Furore è un faro nel buio del qualunquismo e del pietismo imperante.
Oggigiorno spiegare l’orda immigratoria proveniente dal sud Europa solo come fuga dalla povertà, è una spiegazione parziale. C’è, ed è evidente, una volontà superiore di invadere l’Europa con bassa manovalanza. Distruggere il mercato del lavoro a quel punto sarà facile. E questo non accadrà domani, sta già accadendo oggi, nelle grandi coltivazioni di frutta del sud Italia, dove tantissimi stranieri e anche molti italiani, vengono trattati come schiavi e pagati 20€ al giorno senza alcuna tutela. Dietro le quinte c’è ancora oggi chi stampa volantini californiani.
Il povero contro il povero
Tante le analogie tra i tempi del romanzo e quelli odierni. Nel manovrare le masse la gestione della protesta è un punto cruciale. La protesta non deve mai andare verso l’alto, verso i potenti, ma deve rimanere orizzontale. Se una guerra ci deve essere deve essere una guerra tra poveri. E per fare questo occorre seminare discordia tra di essi, così che non possa mai esistere un blocco compatto di protesta. Dunque qualche povero deve poter beneficiare della povertà altrui. Due sono i personaggi emblematici, che descrivono inconsapevolmente questa dinamica.
Il poliziotto: spesso nei campi di lavoro californiani c’era la necessità di avere la polizia pronta a reprimere ogni accenno di protesta. Uno di questi poliziotti nel parlare al collega si augura che tutto quel fermento possa durare, cosicché ci siano “più straordinari da fare e più soldi da portare a casa”. Un ultimo che spera che ci siano sempre più ultimi.
Il trattorista: mentre tutti scappano dal mid-west, qualcuno rimane. Rimane chi accetta di lavorare, per conto delle banche, le terre dei suoi vicini. E quando questo viene incalzato dai suoi ex amici perché ritenuto un traditore, si ribella e sbotta: “3 dollari al giorno sono tanti e non c’è motivo per rifiutare!“.
Ecco la strategia di chi governa certi fenomeni. Il più antico divide et impera.
Occhi aperti.
"Bellissimo articolo."
Veronica - L’importanza dell’onestà intellettuale -"giusto"
Virginio Caparvi - L’importanza dell’onestà intellettuale -"Essere ligi quando le leggi sono a nostro favore è facile. Esserlo quando sono contro di noi è un'altra storia. In nessuno dei due casi, comunque, possiamo giudicare l'onestà intellettuale di una persona. Bisognerebbe poter indagare le motivazioni interiori alla base dei comportamenti di una persona. Le leggi cambiano a seconda del periodo storico: chi è stato onesto ieri potrebbe apparire disonesto oggi. Val anche il contrario, naturalmente. Chi possiede una coscienza individuale molto forte non si sente in colpa quando infrange una legge deleteria (pensiamo a Gandhi), mentre potrebbe sentirsi cattivo essendo obbligato a rispettare una norma che danneggia anche solo in parte qualcun altro o la società nel suo insieme... Saluti"
Luca - L’importanza dell’onestà intellettuale -