Ira Hayes: la solitudine dell’antieroe
Dalla tribù indiana dei Pima ad eroe dei marines americani. Una storia di successo? Tutta'altro. La storia di Ira Hayes parla di avidità, bugie e abbandono.
Nel posto sbagliato al momento sbagliato
Seconda guerra mondiale, oceano pacifico. Dopo aver pagato dazio con molto sangue, l’esercito degli Stati Uniti d’America conquista l’isola di Iwo Jima (Giappone). Sei marines hanno il compito di issare la bandiera sulla cima di una collina. I soldati, fissata l’asta a terra, alzano al cielo la bandiera. Ed è proprio in quell’istante che un fotografo scatta la fotografia che cambierà le sorti di una guerra e di un paese. E che purtroppo cambierà le sorti di Ira Hayes.
La quiete “prima” della tempesta
Ira Hayes è un marines degli Stati Uniti nato nel territorio indiano della tribù dei Pima. Arruolatosi nel ’42 e catapultato nel mezzo del Pacifico, si trova lì per fame. Non per servire la gloriosa patria a cui non appartiene. Non per sconfiggere un nemico che non conosce. E’ lì perché la nazione, che la sua divisa rappresenta, lo ha schiavizzato e ridotto nella condizione di dover dipendere da esso. Dipendere fino al punto di servirlo in guerra.
Quella mattina, insieme ad altri 5 colleghi, Ira Hayes isserà una bandiera a stelle e strisce. In realtà una bandiera era già stata issata su quella collina. Successe però che un generale la requisì per farne un cimelio. C’era dunque da issarne un’altra. E così, nella piena tranquillità di una battaglia ormai finita, sei soldati si prodigarono nell’innalzare l’asta.
In quell’istante, la fotografia.
Quella fotografia, tanto evocativa quanto falsa, farà presto il giro del mondo e per gli Stati Uniti sarà una vera e propria iniezione di fiducia. Diverrà il simbolo di un paese che non vuole arrendersi, di un paese in ripresa, di un paese vincente. Tre dei soldati protagonisti “dell’eroico gesto”, moriranno in battaglia. Per gli altri tre invece c’è il congedo e la gloria.
Il popolo ha bisogno di eroi
I tre reduci, una volta tornati negli States, saranno coinvolti in una tour propagandistico in favore della guerra. Una campagna pubblicitaria, lungo tutto il paese, in favore dei titoli di stato, da acquistare “per salvare gli amici rimasti a combattere” come dovevano ripetere ogni volta. Palestre, teatri, hotel e parate piene di gente che urlava il loro nome, li incoraggiava e li venerava come fossero dei salvatori della patria.
Troppo per l’indiano Ira Hayes. Lui rifiutò sin da subito la condizione di eroe, e anzi si batté per correggere un’imprecisione sulla identificazione di uno degli altri raffigurati, che successivamente caduto in battaglia era stato dimenticato. Per questo fece 1300 miglia con l’autostop per raggiungere la famiglia del raffigurante dimenticato, fino in una fattoria del Texas, chiedendo loro di far riaprire l’inchiesta, ma accontentandosi della semplice gratitudine dei familiari.
La morte all’ombra di una bugia
Ira Hayes considerava tutta la storia una grande bugia. Sapeva benissimo di non essersi distinto per nessun merito particolare. Soffriva molto questa condizione e iniziò a bere. Dopo almeno cinquanta arresti per ubriachezza, riferendosi al proprio alcolismo affermò: “Sono malato, lo so che sbaglio a ubriacarmi, offendo la memoria dei miei amici morti che erano migliori di me, e che nessuno ricorda“. Il 24 gennaio 1955 Hayes fu trovato morto faccia in giù nel suo vomito e nel suo sangue presso una baracca abbandonata, nei pressi di casa sua.
L’antieroe, ucciso due volte
La “sindrome dei reduci” (accennata anche in un altro film di Clint Eastwood) verrà riconosciuta solo negli anni 60. Di certo nella storia di Ira Hayes non c’è solo il peso di una guerra. C’è il peso di un paese avido che l’ha usato e buttato come fosse merce. Destino analogo a quello dei suoi antenati, perpetrato dagli stessi uomini.
Strano e beffardo il destino di Ira Hayes. Nato sulle ceneri dello sterminio degli indiani d’America, ha vissuto lo sradicamento del proprio popolo dalla propria cultura ed è divenuto soldato nelle file dell’invasore. Infine vittima dell’esaltazione patriottica degli stessi invasori. Ira Hayes è uno degli emblemi più tristi della cultura post-moderna. Un uomo disumanizzato dalla necessità di eroismo, dalla necessità di far ripartire l’economia ed i consumi.
I consumi che consumano.
Questo il bel film di Clint Eastwood che racconta parte della storia.
"Bellissimo articolo."
Veronica - L’importanza dell’onestà intellettuale -"giusto"
Virginio Caparvi - L’importanza dell’onestà intellettuale -"Essere ligi quando le leggi sono a nostro favore è facile. Esserlo quando sono contro di noi è un'altra storia. In nessuno dei due casi, comunque, possiamo giudicare l'onestà intellettuale di una persona. Bisognerebbe poter indagare le motivazioni interiori alla base dei comportamenti di una persona. Le leggi cambiano a seconda del periodo storico: chi è stato onesto ieri potrebbe apparire disonesto oggi. Val anche il contrario, naturalmente. Chi possiede una coscienza individuale molto forte non si sente in colpa quando infrange una legge deleteria (pensiamo a Gandhi), mentre potrebbe sentirsi cattivo essendo obbligato a rispettare una norma che danneggia anche solo in parte qualcun altro o la società nel suo insieme... Saluti"
Luca - L’importanza dell’onestà intellettuale -