L’indignazione (fasulla) come atto di protagonismo
L'indignazione è ormai una moda a buon mercato. Dura giusto il tempo di catalizzare un po' di attenzione su se stessi, poi, tutto svanisce per lasciare posto ad una partita di calcio.
Alzare un polverone
Disegna nella tua mente un paesaggio di campagna immerso in un torrido, desolato e assetato pomeriggio estivo. D’improvviso un’automobile squarcia il silenzio mentre sfreccia sulla strada bianca che attraversa questo arido paesaggio. Quindi l’automobile scompare all’orizzonte e il suo rumore muore lentamente nell’eco. Rimane solo una nuvola di polvere nell’aria che stenta a dissolversi. Sta su per un altro po’, poi deve arrendersi alla gravità, e tutto torna ad essere come se niente fosse accaduto. Quando penso al modo di dire “alzare un polverone” io ho in mente questa scena. Che belli i modi di dire, riescono a concentrare dettagli, immagini e sensazioni in pochissime parole.
Indignazione ad orologeria
Accade qualcosa di molto simile nei dinamismi della nostra società quando irrompe una notizia nello scenario nazionale. Io la chiamo “indignazione ad orologeria”. Si verifica nel momento in cui uno scandalo balza su tutte le prime pagine dei giornali ed è argomento di discussione nei programmi televisivi, nelle piazze e nei bar. Si alza un polverone, si levano gli scudi e tutti iniziano a sputare veleno e a dire la propria. Fin qui nulla di male e nulla di strano, l’indignazione è un sentimento nobile. Succede però che con la stessa velocità con cui il polverone dell’indignazione si alza, questo ricade a terra. Tutto finisce rapidamente nel dimenticatoio delle polemiche senza che nulla cambi e senza nulla ci sia servito da lezione. Tutto rimane inalterato, come se l’automobile che ha alzato un gran polverone non fosse mai sfrecciata in quella strada sterrata di un torrido pomeriggio estivo. La prossima automobile alzerà la stessa polvere e questa, nello stesso silenzio estivo, ricadrà a terra come nulla fosse accaduto.
Marco Paolini (l’attore) in 55 secondi dice la sua rispetto a questa indignazione tutta italiota:
Ho trovato in soffitta 5 vecchi quotidiani
Ripeschiamo dal dimenticatoio alcune notizie e capiamo insieme quello che è cambiato, ma soprattutto se qualcosa è cambiato:
- Era il luglio 2013 quando un barcone di immigrati nord africani, nel tentativo di raggiungere le nostre coste, si inabissò. Centinaia di morti e fiumi di inchiostro a incorniciare e speculare sulla tragedia. Tutti indignati e tutti pieni di rabbia per ciò che era accaduto. Minuti di silenzio a non finire. Il Papa in visita a Lampedusa che auspicava la fine di questo genocidio. Grande commozione, grandi applausi. In realtà non era la prima volta che accadeva qualcosa di simile e purtroppo quella non sarà l’ultima. In questi giorni sta accadendo la stessa cosa che si va ripetendo da anni. Cosa è cambiato? Qualcuno oltre a versare una lacrima e oltre a rispettare un minuto di silenzio, ha fatto altro?
- Una volta c’era Di Bella e la sua cura contro i tumori. I complottisti di tutta “itaglia” si ribellarono dicendo che i poteri forti volevano mettere a tacere il vecchio professore dalla cura miracolosa. Poi i riflettori si spensero e tutto ritornò alla normalità. Fino a che il mitico Giulio Golia delle Iene non decide di dar voce al metodo Stamina nella figura di un improbabile scienziato: il professor Vannoni. Migliaia di disperati genitori sostengono questa cura (poverini non ne hanno altre). Golia specula sul dolore della gente e mette in mostra i bambini malati che lottano per avere una speranza. Di nuovo indignazione a fiumi tra la gente e nei social network, questa volta carichi di insulti contro il ministro Lorenzin. Poi si scopre che il non dottor Vannoni è un truffatore della peggior specie e il suo metodo è a dir poco pericoloso. Sarà servita la lezione? Non credo, il prossimo guru non approvato dalla comunità scientifica susciterà lo stesso casino, e finirà nello stesso modo. In silenzio.
- E che dire delle alluvioni e dei morti intrappolati nelle loro case abusive? Ogni volta processiamo sindaci, cittadini, lo stato, versiamo lacrime e lanciamo insulti. Eppure ancora oggi nel 2014 si muore di “troppa acqua”. Come al solito tutto dura il tempo di un pianto.
- E poi, quanto fu meschino l’assalto al feretro di Priebke? L’ex nazista viveva a Roma da anni, libero e felice. Ma grazie alla solita finta indignazione italiota ci siamo accorti della sua presenza dopo la sua morte, prendendo a calci il carro funebre che lo trasportava al cimitero.
- E come non finire con Genny’a carogna. Un ultrà del Napoli che interloquisce con i poliziotti mentre indossa una maglietta che inneggia all’omicidio di un poliziotto (Raciti). Tiene sotto scacco uno stadio pieno di gente, tifosi, famiglie, bambini. Giustamente l’indignazione sale alle stelle. Ma non era già successo? Non c’eravamo già indignati per il motorino di San Siro lanciato dal terzo anello, o per il derby della capitale rimandato su decisione presa dalle tifoserie o per il tifoso serbo Ivan Bogdanov che impedì per suo vezzo lo svolgimento della partita Italia – Serbia? E cos’è cambiato? Genny a’carogna è l’ennesima stella cometa nel panorama dell’assurdo.
Tutto finto, soprattutto nei social
Nonostante tutto questo sdegno, qui non cambia mai nulla. Niente di nuovo sotto il sole. Perché? Semplice, perché è tutto finto. In questo paese il sentimento dell’indignazione non è quasi mai la conseguenza di un’offesa al proprio credo o alla propria persona, come suggerisce il dizionario, ma è un’occasione da sfruttare per ricevere attenzione, consenso. Questo snatura l’essenza e la potenza dell’indignazione. Prendi i social network. Sono pieni zeppi di “rivoluzionari da tastiera“. Persone che insorgono di fronte ad una qualsiasi notizia e cavalcano qualsiasi onda di sdegno. Dall’antipolitica, all’antirazzismo d’accatto, dalle cure miracolose negate ai bambini malati, alla violenza sugli animali. Ma questa indignazione è finta, fasulla e per questo inutile e inefficace. E’ una moda, un modo come un altro per conquistare un po’ di visibilità.
Emozione vs ragione
Tra gli esempi riportati sopra prendiamo il “funerale di Priebke”. Una bomba durata 48 ore (non un minuto di più). L’assalto al feretro del ex-nazista è l’emblema di un paese troppo occupato a vivere sull’onda dell’emozione piuttosto che sul reale senso delle cose. Basterebbe rileggere i giornali di qualche mese fa per capire che la quasi totalità degli scandali sui quali si è discusso e sui quali si è gettato un fiume di inchiostro (e della artificiosa indignazione) non ci hanno cambiati e non hanno cambiato il nostro modo di agire o semplicemente di vedere le cose. E se un’indignazione non ti cambia vuol dire che non è autentica, e quando l’autenticità dei sentimenti viene rimpiazzata dall’emozionalità a buon mercato, allora la società è vuota, sorda.
Ma ora basta. Si abbassi la polvere, c’è una partita di calcio che sta per iniziare.
"Bellissimo articolo."
Veronica - L’importanza dell’onestà intellettuale -"giusto"
Virginio Caparvi - L’importanza dell’onestà intellettuale -"Essere ligi quando le leggi sono a nostro favore è facile. Esserlo quando sono contro di noi è un'altra storia. In nessuno dei due casi, comunque, possiamo giudicare l'onestà intellettuale di una persona. Bisognerebbe poter indagare le motivazioni interiori alla base dei comportamenti di una persona. Le leggi cambiano a seconda del periodo storico: chi è stato onesto ieri potrebbe apparire disonesto oggi. Val anche il contrario, naturalmente. Chi possiede una coscienza individuale molto forte non si sente in colpa quando infrange una legge deleteria (pensiamo a Gandhi), mentre potrebbe sentirsi cattivo essendo obbligato a rispettare una norma che danneggia anche solo in parte qualcun altro o la società nel suo insieme... Saluti"
Luca - L’importanza dell’onestà intellettuale -